Questa mattina ho fatto una lunga chiacchierata con una responsabile delle relazioni all'interno della scuola.
Ho intavolato un discorso riguardante Rebecca e sono scoppiata a piangere e così siamo finite a parlare dell’argomento che in questo periodo pare essere sulla bocca i tutti.
Sono uscita dalla scuola incapace di trattenere le lacrime. Ho continuato a piangere per strada ed al supermercato vergognandomi di quella reazione eccessiva e cercandone dentro di me il motivo.
Arrivo da un anno psicologicamente pesante, da 6 anni di duro lavoro come mamma a tempo pieno e senza aiuti, sono una persona che tende a programmare la sua vita in anticipo, che ha difficoltà ad adattarsi alle novità tout court e che tende a fasciarsi la testa in anticipo anche se sa di sapersi adattare e di potercela fare una volta superato lo sgomento.
Questi tre anni sono trascorsi con la convinzione che a Rebecca sarebbe succeduta Celeste, ne avevo parlato alle maestre, avevo osservato quei molti fratelli minori che avevano sostituito, nella stessa classe, quelli maggiori. Quando, il giorno della riunione, ho scoperto che non sarebbe stato così mi sono sentita affondare con tutti i miei progetti e le mie convinzioni. Ho lottato per me, cercando di difendere un principio, secondo me giusto. Ho attraversato, nel corso di queste tre settimane, diversi stati d’animo: amarezza, rabbia, forza e dubbio. Ad un certo punto vedere Celeste tanto felice di andare in classe con la sua amichetta ed abbracciare la sua nuova maestra con gioia mi hanno fatto vacillare, ma sono andata avanti per la mia strada a quel punto non più per me, perché forse, per il bene della bambina, non sarebbe stato giusto “sradicarla” da quella classe alla quale lei si sentiva già di appartenere (e di questo me ne prendo parzialmente il merito), ma per tutti.
F.dice che ho sbagliato il modo. Probabilmente è vero. Forse gliene avessi parlato prima avrei agito diversamente. Non ho chiesto consiglio alle maestre, non per presunzione, ma per evitare di metterle nelle grane perchè credo che abbiano già abbastanza da pensare per i fatti loro. Forse ho sbagliato.
Egoisticamente ho pensato “Se questa cosa vale per me deve valere anche per i vari personaggi che pensano che tutto sia loro dovuto”. Forse non è giusto, forse sono troppo rancorosa, so che molte mamme non hanno approvato, ma in questo momento questo pensiero mi fa stare meglio… non si dice forse che la legge deve essere uguale per tutti?
Mi sono sentita spaesata ed abbandonata quando, lunedì, in sede di riunione tutte quelle rappresentanti di classe che a parole e dietro la direttrice sembravano sostenere le mie convinzioni hanno taciuto o l'hanno approvata non si sa bene se per ipocrisia o per paura di non so quale ripercussione; spaesata di fronte all’atteggiamento di quelle due educatrici dell'altra scuola che appoggiavano incondizionatamente qualsiasi cosa dicesse la direttrice anche se non propriamente vera.
Mi sono sentita sola aspettando una telefonata o una chiacchierata da parte della maestra di Rebecca che non sono mai arrivate se non in quei brevi momenti all’uscita o all’entrata.
Mi scoccia il comportamento preferenziale di A. nei confronti di alcuni elementi della sua classe, ho invece molto apprezzato l’atteggiamento di C. che mi è venuta incontro, che mi ha parlato, che ha in parte dissipato alcuni dei miei dubbi, che ha aperto le braccia accogliendo Celeste ben prima di quella famosa riunione. Il percepire, però, quella classe così separata ed “elitaria” quando, in questi tre anni, sono stata abituata a vivere la scuola con gialli ed arancioni come un tutt’uno mi ha creato una serie di ansie che non sono riuscita a condividere con nessuno. Mio marito, dopo un primo momento di appoggio, si è ben presto stufato di ascoltarmi e per il benessere delle mie bimbe mi sono tenuta i miei sentimenti dentro, così ho indossato una maschera di serenità che non esisteva dentro di me, con i miei pensieri che hanno continuato ad autoalimentarsi e che non hanno trovato sfogo o risposte.
La stanchezza di questo periodo ha fatto la sua parte ingigantendo la reazione, risollevando quei dubbi circa la mia adeguatezza come mamma, circa il mio atteggiamento nei confronti di Rebecca che considero, forse a torto, la più debole delle tre, verso la quale nutro i maggiori sensi di colpa perché, troppo presa ad ascoltare chi esterna di più i suoi stati d’animo, a volte mi sembra di “tralasciare”, nei confronti di Rachele dalla quale pretendo le stesse capacità della grande anche se è più piccola di un anno, nei confronti di entrambe per come a Celeste lasci passare un sacco di cose perchè "E' più piccola" ….
Devo staccare la spina, me ne rendo conto. Ho bisogno di allontanarmi da questa scuola che negli ultimi tempi mi ha fagocitato e, in generale, di ricaricare le pile. Sono certa che, con maggiore energia mentale, riuscirò a vedere le cose più obiettivamente e meno gravi di quel che mi sembrano adesso.
La chiacchierata di questa mattina ha aperto la strada allo sfogo di tutte quelle emozioni e di tutta quella stanchezza che mi porto dietro. L'ho detto, io sono una piagnona, e le lacrime rappresentano il mio maggiore mezzo di sfogo spontaneo ed incontrollabile. Mi spiace aver pianto, per la seconda volta, davanti ai bambini e mi rendo conto di apparire in questo momento emotivamente instabile.
Questa mattina, tornando a casa, mi sono resa conto che, come si dice, questa è stata l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. E se non riesco a discolparmi per non essere forte come vorrei non posso fare altrimenti che prenderne atto ...